Perché ho letto Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina?
Tempo fa avevo ascoltato alla radio la presentazione di questo romanzo alla radio da La Pina e mi ero fatta l'idea che questo libro facesse piangere.
Forse questo è il motivo per cui sono rimasta delusa, dopo averlo letto grazie ad una staffetta letteraria.
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In Giappone nel mezzo di un grande parco, Bell Garda, c'è una cabina telefonica non funzionante ma le cui parole vengono trasportate dal vento a chi non c'è più.
Tra le migliaia di persone che da tutto il paese lo raggiungono c'è Yui, una giovane donna che nello tsunami del 2011 ha perso sua mamma e sua figlia di 3 anni.
Lì incontra un medico rimasto vedovo con una bambina piccola che, da quando le è morta la mamma, è rimasta muta...
Quel che affidiamo al vento: recensione
La cosa che più mi è piaciuta di questo libro è la struttura. Ogni tanto i capitoli della narrazione vengono alternati da un elenco di qualcosa: quello che c'era nello zainetto della figlia di Yui, quello che aveva ascoltato la mattina dello tsunami, ecc. Cose semplici, ma questo semplice artificio contribuisce a creare un legame intimo tra lettore e personaggi.
A me però il libro non è piaciuto.
Escluse alcune informazioni sullo tsunami del Giappone del 2011 che non conoscevo (o forse avevo scordato), tutto il resto mi è parso di una banalità incredibile.
La madre che ha perso sua mamma e la figlia che incontra il medico rimasto vedovo con una bambina che non parla più, come mai andrà a finire?
Quello che di solito mi piace in questo genere di romanzi, in cui effettivamente non c'è l'effetto sorpresa alla fine, è il percorso dei personaggi, ma anche in questo non mi è parso particolarmente originale.
Indubbiamente è un racconto profondo sull'elaborazione del lutto e sull'importanza di esternare le proprie emozioni per riuscire a tornare a vivere, ma ho letto di molto meglio!
La copertina italiana di Quel che affidiamo al vento è stupenda e contiene tutto quello che c'è da sapere di questo libro: ci sono gli elementi che rimandano al Giappone (il sole rosso ed i fiori di ciliegio), il vento, la protagonista sul promontorio.
La stessa copertina è stata ripresa solo nell'edizione portoghese.
Esiste una versione economica di questo libro in italiano con una banalissima copertina con dei fiori di ciliegio:
I francesi hanno mantenuto il titolo italiano, ma hanno scelto di disegnare in copertina la cabina telefonica che è il fulcro di tutta la narrazione:
Anche in rumeno si mantiene il titolo e si aggiunge sulla copertina che il romanzo è ispirato ad un luogo che esiste davvero. La copertina però vince la medaglia della versione più orribile!
Gli sloveni invece scelgono un titolo a metà tra la traduzione italiana e quella inglese: "Il telefono del vento". In copertina troviamo la cabina telefonica con la fioritura dei ciliegi:
In inglese infatti il libro si intitola La cabina alla fine del mondo:
Stessa scelta fanno i tedeschi con una copertina molto simile:
Questa dovrebbe essere la versione cinese:
In ultimo gli olandesi che scelgono ancora il titolo italiano e rielaborano una copertina molto simile:
Autrice: Laura Imai Messina
Anno prima pubblicazione: 2020
Pagine: 248
Dove: Giappone, in particolare nel Bell Garden dove si trova la cabina del vento
A chi può piacere: a chi ama le storie molto romantiche
Un'altra recensione: Questo libro a mia mamma è paicciuto tantissimo, a differenza che a me. Trovare recensioni molto positive non è difficile: vi consiglio quella di Anna-giovane reader che è molto curata.
Insomma si fidanzano?
RispondiEliminaSpero di si.. ma tu sei UNICA Federica (come sempre).
RispondiEliminaMaurizio
Ricordo un romanzo giapponese per certi versi simile che mi aveva colpito per... il silenzio. Si percepiva stranamente questa atmosfera fatta di gesti solenni e di parole precise, mai insulse, dette solo se servono. Mi piacque. Narra dell'attrazione tra un anziano professore e una giovane donna. Si chiama in italiano "La cartella del professore".
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