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08 giugno 2020

Oceani fuorilegge

Perché ho letto Oceani fuorilegge di Ian Urbina?
Una sera ho letto su Internazionale la recensione di questo reportage di un giornalista del New York Times, che era andato a vedere che cosa succede oggi in un posto dove nessuno fa nessun tipo di reale controllo: gli oceani.
Quando ho letto che "oggi paesi senza sbocco al mare come la Mongolia o la Bolivia sono titolari di registri navali" non ho avuto  alcun dubbio: lo voglio, anzi lo devo, leggere!
La mia tesi di laurea triennale era proprio sui paesi in via di sviluppo senza accesso al mare e mi è rimasto un occhio di riguardo per quel mondo e per tutte le rogne in più che hanno rispetto ai loro vicini che invece ne hanno un accesso diretto. 
La mattina dopo l'ho scaricato dalla biblioteca online e sono rimasta entusiasta di queste lettura che genera emozioni forti.

Oceani fuorilegge: di cosa parla?
C'è un posto nel mondo dove tutto è concesso perché nessuno vede (e vuole vedere) cosa succede: quel posto si chiama oceano.
Vi si trovano 
  • pescatori di frodo che distruggono i fondali marini e che pescano specie protette, 
  • armatori che riducono i mozzi in schiavitù e paesi che trovano mille modi per non agire per davvero
  • ambientalisti che si dedicano anima e corpo per difendere le balene e non solo
  • associazioni che cercano di ridare dignità a quegli uomini
  • pirati che si trasformano a loro volta in guardie armate contro i pirati
  • medici che sfruttano le zone grigie del diritto internazionale
  • navi da crociera che scaricano in mare anche quello che non dovrebbero
  • e anche un tizio che ha fondato il suo regno su una chiatta che si trova a pochi chilometri dalle coste inglesi, ma il suo regno non è stato ufficialmente riconosciuto.
La mappa dei luoghi toccati dal reportage

The outlaw ocean:
titoli e copertine
Fonte: il sito del libro

Le copertine si assomigliano tutte: mare in tempesta, nave e colori cupi. 
Anche la nostra italiana di Mondadori si inserisce in questo filone, mentre i francesi sono gli unici che hanno scelto di inserire una figura umana su una nave sulla loro copertina.


Sul titolo si vedono già alcune differenze: noi traduciamo il titolo originale ponendo l'accento sulla mancanza di leggi mentre francesi ed olandesi per indicare lo stesso concetto usano l'immagine della giungla, dove è risaputo che vige la regola del più forte e non ci sono leggi.

Come sottotitolo noi abbiamo quello che è il vero fulcro del libro: un viaggio attraverso l'ultima frontiera selvaggia. 
Francesi ed olandesi invece, avendo già parlato di giungla, scrivono in copertina di cosa si tratta; crimini contro ambiente e persone.


Oceani fuorilegge: la recensione
La cosa brutta dei prestiti della biblioteca online è che durano 2 settimane poi, a differenza della biblioteca vera, puoi riprenderlo in prestito solo se qualcun altro non l'ha prenotato nel frattempo: su un libro breve non è un problema, su un libro vecchiotto nemmeno, mentre su un librone di 500 pagine appena uscito in Italia poteva esserlo! Il terrore di dover aspettare mesi prima di poterlo finire mi ha fatto mettere il turbo ed un po' mi è spiaciuto perché meritava di essere letto con maggiore calma. 
[per la cronaca, ho controllato e non era stato prenotato da nessuno. Effettivamente forse un librone di 500 pagine che parla di crimini perpetrati negli oceani non è esattamente il libro che desiderano tutti quanti... ogni tanto perdo il contatto con la realtà!]




Spesso noi consideriamo gli oceani come uno spazio tra le terre, come se non avessero un'identità e una dignità propria. Lo facciamo noi cittadini e lo fanno gli Stati: le stesse Convenzioni sono farraginose o volutamente poco chiare, tanto che l'oceano è una terra di nessuno dove si possono fare cose che sulla terraferma sarebbero molto più difficili.

"Sembrava anche di viaggiare nel tempo perché ho visto cose -pirateria, caccia alla balena, schiavitù, guerre private- che avevo sempre creduto appartenessero al passato".

Se l'autore non fosse un noto giornalista del New York Times verrebbe da chiedersi quanto ci sia di vero in quello che racconta, invece sapendo che il reportage è ben documentato la domanda che uno si deve porre è come è possibile che quello che viene raccontato in questo libro non venga denunciato a voce più alta!

Le storie dei pescherecci di frodo che pescano con tecniche vietate e/o in zone protette e/o pesci di specie a rischio di estinzione sembrano impossibili per quanto sono palesemente fuorilegge.

Quello che però non può lasciare indifferenti sono le condizioni di lavoro di chi lavora su quelle barche: le condizioni igieniche e sanitarie spesso fanno schifo e questi lavoratori non godono di nessun diritto.
Usare la parola schiavismo non è esagerata perché alle volte capita che delle associazioni nel sudest asiatico comprino i lavoratori per liberarli dalle condizioni più insostenibili.
In un capitolo si racconta di un lavoratore di un peschereccio che era riuscito a fuggire dalla nave in porto e veniva ricercato dalla mafia che gestisce quel traffico di esseri umani, con tanto di associazioni che cercano di coprirli. Ho letto da poco La ferrovia sotterranea ambientata negli Stati Uniti 200 anni fa e sembrava di rileggere quelle storie.

La lettura è davvero scioccante perché ci racconta di un altro mondo che nessuno racconta mai e di cui noi non abbiamo nessuna consapevolezza, facendo così il gioco di chi nel silenzio e lontano dalla terraferma può fare quello che vuole.

Autore: Ian Urbina, giornalista del New York Times
Anno prima pubblicazione: agosto 2019
Pagine: 564, ma l'ultimo centinaio sono di note bibliografiche
Dove: negli oceani
A chi può piacere: a chi si appassiona di confini, a chi crede che tutela dei diritti umani ed ambientali dovrebbero andare a braccetto, a chi ama il giornalismo d'inchiesta.

 

3 commenti:

  1. Gran bel post. Grazie per la segnalazione (sì, questo potrebbe interessarmi parecchio).

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  2. Sicuramente tematiche interessanti e importanti, ma non lo leggerei mai... proprio a partire dalla copertina (qualunque di qualunque edizione): troppo cupa, non mi invoglia, fredda... come giusto che sia, però.

    Moz-

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