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31 agosto 2018

Il ragazzo perduto

Leggere un libro come Il ragazzo perduto di Aher Arop Bol serve per capire com'è la vita di un profugo?
Assolutamente no, perché per quanto si soffra e si stia male e si tema per la vita di questo bambino quando si chiude il libro noi avremo un bicchiere d'acqua, un pasto, una casa.

Un post condiviso da Philippa Cooke (@philippacooke) in data:


Quindi è una lettura inutile? Assolutamente no e in questi tempi bui leggere libri come questo forse non serve per capire fino in fondo, ma serve per sensibilizzare.
Prendete una mappa mentre leggete il libro e seguite il viaggio che porterà questo bambino a fare più di 6.000 km ed attraversare 8 frontiere senza uno straccio di passaporto e senza una famiglia su cui fare affidamento.

Aher Arop Bol è nato in un paese che non esisteva ancora: il Sud Sudan è nato nel 2011. Nel 1983 è iniziata la guerra che ha poi portato alla secessione tra il governo del Nord e del Sud e ha ammazzato due milioni e mezzo di persone.
Nel 1987 Aher era un bimbo di 3 o 4 anni e sulle spalle di uno zio abbandona il suo villaggio e la sua famiglia per fuggire verso l'Etiopia dove quella povera gente pensava di trovare un campo profughi o qualcuno ad attenderli: troveranno l'inferno. L'inferno è fatto di morte di fame e di stenti, di colera, di sevizie. Se Aher è vivo lo deve solo a quello zio che si toglie il poco che ha per darlo a lui e arriva a legarlo alle piante quando non c'è per evitare che ceda alla sete e beva acqua infetta.
Lo zio viene costretto ad arruolarsi e Aher si ritrova ancora una volta da solo, come tanti altri bambini nei campi profughi.


Mi piace un sacco il sottotitolo che riporta l'edizione spagnola: "il bambino che sapeva quello che voleva".
Fin da piccolissimo, quando non aveva quaderni ma imparava a scrivere sulla terra secca, Aher ha sempre saputo che l'unica possibilità per migliorare la sua esistenza era l'istruzione e lotterà con tutte le sue forze per riuscire a studiare.
Questo libro è il racconto di come è arrivato fino a Pretoria in Sudafrica ad iscriversi alla facoltà di legge e a scrivere la sua storia.
Quel che colpisce di questo libro, oltre ovviamente alle difficoltà che ha dovuto affrontare, è la tenacia di questo ragazzino che non smette mai di cercare la sua strada.
Non so quante volte scriva la frase "sono stato fortunato" mentre racconta situazioni tremende: ammetto di essermi sentita una cacchetta perché si percepisce che è una frase davvero sentita e noi (frase fatta ma vera) non sappiamo apprezzare quello che abbiamo.

Il libro è vecchiotto: è stato pubblicato nel 2009 e l'anno dopo tradotto in italiano.
Se lo trovate però leggetelo: di questi tempi libri come questo aprono la mente ed il cuore.
E credo che di questo ce ne sia davvero tanto bisogno. Tanto, tanto.

4 commenti:

  1. Un libro attualissimo e molto toccante.
    Non l'ho letto, ma lo farei.
    Anzi, dovrebbero proporlo come narrativa nelle scuole.
    Altro che i grandi classici. Sono questi i testi da cui si impara... a vivere!

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  2. Molto emozionante, una storia sicuramente unica. Complimenti Federica sempre ottime scelte di lettura.
    Un abbraccio forte
    Maurizio

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  3. @Lorenzo: credo che MAurizio ritenesse unica la storia di questo ragazzo nel senso di straordinaria, non nel senso che di unica ed irripetibile: ahimè, come tu mi insegni, la gente dalla notte dei tempi fugge. Quando viene trattata nella maniera in cui tu racconti poi la storia condanna quei comportamenti: lo dici tu, non io.

    Dire che non ti interessano gli eventi del Sudan mi pare un po' insensato nel 2018: in un mondo globalizzato dire "me ne frego" significa non avere capito le regole del gioco! Poi si possono avere le idee più disparate su come intervenire ma questo è un altro discorso.

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  4. Un libro assolutamente da leggere.
    Saluti a presto.

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ciliegine