Assolutamente no, perché per quanto si soffra e si stia male e si tema per la vita di questo bambino quando si chiude il libro noi avremo un bicchiere d'acqua, un pasto, una casa.
Quindi è una lettura inutile? Assolutamente no e in questi tempi bui leggere libri come questo forse non serve per capire fino in fondo, ma serve per sensibilizzare.
Prendete una mappa mentre leggete il libro e seguite il viaggio che porterà questo bambino a fare più di 6.000 km ed attraversare 8 frontiere senza uno straccio di passaporto e senza una famiglia su cui fare affidamento.
Aher Arop Bol è nato in un paese che non esisteva ancora: il Sud Sudan è nato nel 2011. Nel 1983 è iniziata la guerra che ha poi portato alla secessione tra il governo del Nord e del Sud e ha ammazzato due milioni e mezzo di persone.
Nel 1987 Aher era un bimbo di 3 o 4 anni e sulle spalle di uno zio abbandona il suo villaggio e la sua famiglia per fuggire verso l'Etiopia dove quella povera gente pensava di trovare un campo profughi o qualcuno ad attenderli: troveranno l'inferno. L'inferno è fatto di morte di fame e di stenti, di colera, di sevizie. Se Aher è vivo lo deve solo a quello zio che si toglie il poco che ha per darlo a lui e arriva a legarlo alle piante quando non c'è per evitare che ceda alla sete e beva acqua infetta.
Lo zio viene costretto ad arruolarsi e Aher si ritrova ancora una volta da solo, come tanti altri bambini nei campi profughi.
Mi piace un sacco il sottotitolo che riporta l'edizione spagnola: "il bambino che sapeva quello che voleva".
Fin da piccolissimo, quando non aveva quaderni ma imparava a scrivere sulla terra secca, Aher ha sempre saputo che l'unica possibilità per migliorare la sua esistenza era l'istruzione e lotterà con tutte le sue forze per riuscire a studiare.
Questo libro è il racconto di come è arrivato fino a Pretoria in Sudafrica ad iscriversi alla facoltà di legge e a scrivere la sua storia.
Quel che colpisce di questo libro, oltre ovviamente alle difficoltà che ha dovuto affrontare, è la tenacia di questo ragazzino che non smette mai di cercare la sua strada.
Non so quante volte scriva la frase "sono stato fortunato" mentre racconta situazioni tremende: ammetto di essermi sentita una cacchetta perché si percepisce che è una frase davvero sentita e noi (frase fatta ma vera) non sappiamo apprezzare quello che abbiamo.
Il libro è vecchiotto: è stato pubblicato nel 2009 e l'anno dopo tradotto in italiano.
Se lo trovate però leggetelo: di questi tempi libri come questo aprono la mente ed il cuore.
E credo che di questo ce ne sia davvero tanto bisogno. Tanto, tanto.
Un libro attualissimo e molto toccante.
RispondiEliminaNon l'ho letto, ma lo farei.
Anzi, dovrebbero proporlo come narrativa nelle scuole.
Altro che i grandi classici. Sono questi i testi da cui si impara... a vivere!
Molto emozionante, una storia sicuramente unica. Complimenti Federica sempre ottime scelte di lettura.
RispondiEliminaUn abbraccio forte
Maurizio
@Lorenzo: credo che MAurizio ritenesse unica la storia di questo ragazzo nel senso di straordinaria, non nel senso che di unica ed irripetibile: ahimè, come tu mi insegni, la gente dalla notte dei tempi fugge. Quando viene trattata nella maniera in cui tu racconti poi la storia condanna quei comportamenti: lo dici tu, non io.
RispondiEliminaDire che non ti interessano gli eventi del Sudan mi pare un po' insensato nel 2018: in un mondo globalizzato dire "me ne frego" significa non avere capito le regole del gioco! Poi si possono avere le idee più disparate su come intervenire ma questo è un altro discorso.
Un libro assolutamente da leggere.
RispondiEliminaSaluti a presto.