In principio fu Claudia a dirmi che era proprio bello, poi mia mamma, poi continuai a leggere solo commenti positivi finché FrancescaG mi disse che anche lei , dopo averlo lasciato per troppo tempo in attesa, ne era entusiasta.
Sono sempre un po' dubbiosa quando trovo libri sull'Olocausto perché sono letture che fanno stare male.
Io non mi chiamo Miriam offre una prospettiva decisamente originale: quella di chi ha vissuto Auschwitz nel settore degli zingari.
La trama in breve:
Il giorno del suo 85° compleanno Miriam decide di svelare la verità alla nipote.
Lei non si chiama Miriam, si chiama Malika.
Lei non è un'ebrea scampata ai campi di concentramento, lei è una rom che si è finta ebrea.
L'ha fatto per sopravvivere a Ravensbrück e per potersi guadagnare una vita tranquilla in Svezia finita la guerra.
Le copertine:
Tra le varie copertine quella italiana di Iperborea è davvero la più calzante: due immagini della stessa ragazza. Miriam e Mailka sono entrambe in copertina, proprio come nel romanzo in cui una donna anziana dichiara fin dalle prime pagine di non essere chi ha sempre detto di essere.
La versione tedesca punta anche lei sulla questione del doppio, ma lo fa con due uccellini anziché con una ragazza. L'uccellino è segno della libertà negata, probabilmente. A me sinceramente non avrebbe invogliato l'acquisto.
I polacchi ammetto di non capirli!
La copertina originale, quella svedese, fa riferimento ad una donna sicuramente vissuta negli anni della Seconda Guerra Mondiale, ma non è assolutamente originale, mentre questo romanzo lo è davvero tanto!
Io non mi chiamo Miriam, la recensione
Spesso, erroneamente, crediamo di aver già letto tanto sulla Seconda Guerra Mondiale, sui campi di concentramento, sulle discriminazioni razziali e io per prima ho pensato di aver tra le mani solo l'ennesimo bel libro sulla Seconda Guerra Mondiale.
Il maggior pregio di Io non mi chiamo Miriam è di essere una lettura originale e ben documentata.
Racconta la vicenda di una ragazzina rom, popolo su cui abbiamo un sacco di pregiudizi e di cui, in generale, conosciamo proprio poco.
Che cosa significava portare il triangolo nero, quello degli zingari, in un campo?
Uno degli aspetti che più fa riflettere è il racconto di episodi di razzismo tra le diverse componenti delle prigioniere dei campi.
Su che cosa sia successo negli anni successivi poi le cose non sono così chiare.
Mai avrei immaginato che ci fosse un divieto per i rom di entrare in un paese come la Svezia!
Tramite la lettura di Io non mi chiamo Miriam senza dubbio si possono scoprire tanti aspetti raggelanti sulla quotidianità dei campi di concentramento, ma questo è un romanzo estremamente curato anche dal punto di vista della struttura narrativa.
Io non mi chiamo Miriam è uno di quei libri che non vorresti lasciare mai, che desideri di leggere in qualsiasi minuto libero della giornata perché l'autrice è stata capace di far affezionare a Miriam in una maniera quasi fraterna.
E' uno di quei libri che quando finisci di leggere non vedi l'ora di dire a qualcuno a cui tieni "per favore leggilo, ti piacerà!".
Autrice: Majgull Axelsson
Anno prima pubblicazione: 2014
Pagine: 562
Dove: Auschwitz e Ravensbrück e nella cittadina svedese di Nässjö
A chi può piacere: è il libro perfetto per chi vuole approfondire il tema della vita nei campi di concentramento, è il libro ideale per chi ama le letture coinvolgenti, per chi vuole riflettere sul tema del razzismo e della ricerca di identità.
Un'altra recensione: Claudia convincerà anche voi a leggere questo libro!