Non sono solita scrivere un post per l'8 marzo perché non è mia abitudine festeggiare la Festa della donna. Quest'anno è diverso però, perché c'è la storia -brutta- di due ragazze argentine, di Mendoza, che mi ha colpito molto. Sui media italiani non ne ho trovato quasi traccia (qui un post
dell'Huffington) ma sui giornali argentini, ovviamente, è diventato un argomento di discussione.
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Marina Menegazzo e Maria Josè Coni |
Queste due ragazze mendocine erano in vacanza insieme e son state assassinate da due ecuadoregni. La storia bruttissima non è molto originale: purtroppo può capitare ad un turista di essere una preda più facile per i delinquenti del posto o che una donna, anche nella sua città, sia la vittima prediletta dei balordi. L'8 marzo quest'anno bisognerebbe festeggiarlo a Colonia, anche se credo che sarebbe troppo semplicistico far finta che quelli siano problemi legati solo ed esclusivamente al rapporto donna/islam.
I media argentini -e ho ragione di pensare che anche quelli italiani avrebbero fatto lo stesso, magari solo in modo più velato- si son subito scatenati: cosa ci facevano due ragazze così giovani in giro da sole? Perché i genitori hanno permesso loro di fare un viaggio da sole? Perché si son messe in viaggio senza un ragazzo al vostro fianco? Allora belle mie ve la siete cercata!
Quante volte ho sentito dire a delle bambine (italiane) che dicevano che da grandi avrebbero voluto fare qualcosa o andare a vedere un posto "ti ci porta poi il fidanzato" e mai una volta ho sentito fare lo stesso discorso ad un maschietto. Senza nessuna malizia, senza pensarci, ma è palese che siamo abituati a pensare così e le nostre parole pesano molto più di quello che pensiamo di pensare.
Io non sono mai stata una mochilera, una parola spagnola che indica chi viaggia con lo zaino in spalla e di cui non trovo una traduzione italiana che renda l'idea, tanto che prima dei viaggi in Argentina non avevo mai neppure dormito in un ostello. La prima volta che ho incontrato una ragazza che stava finendo il suo servizio civile e mi aveva raccontato del bel viaggio che si era fatta in Patagonia da sola avevo pensato "tosta", ma non mi era neanche passato per l'anticamera del cervello di poterlo fare anche io.
Le circostanze mi hanno poi convinta che se volevo visitare il paese in cui mi trovavo o diventavo super socievole e mi azzeccavo a qualcuno o mi sarei dovuta muovere da sola.
I primi passi li ho fatti con il terrore e l'incertezza di chi impara a camminare su tratti brevi e già battuti, poi mi son lanciata nel l
ungo viaggio patagonico.
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#niunamenos la campagna lanciata in Argentina contro il femminicidio
Disegno di Ricardo Siri Liniers |
Ho imparato a cavarmela da sola, a scegliere da sola, a sbagliare da sola, ad essere triste da sola, ad essere felice anche da sola. Forse erano cose che già sapevo fare, che un po' già avevo in me e che dovevano solo trovare il modo di sbocciare.
Ho imparato a pensare da sola o forse semplicemente ad essere consapevole di saperlo fare.
E ho imparato che oggi, nel 2016, è una cosa che fa terribilmente paura.
E vorrei condividere con voi l'ultima parte di una toccante lettera aperta che una ragazza paraguayana ha scritto per dar voce a Marina e Maria José:
Mi dispiace non essere più qui, ma ci siete voi. E siete donne. Vi chiedo per me e per tutte le altre alle quali hanno negato vita e sogni, di alzare la voce. Lottiamo insieme, io con voi, con il mio spirito, e vi prometto che un giorno non ci saranno abbastanza sacchi per metterci tutte a tacere.