Perché ho letto Finché il caffè é caldo di Toshikazu Kawaguchi?
Semplicemente perché sono una boccalona e ho abboccato al magico amo della pubblicità.
Copertina con i colori modaioli, titoli accattivante, spammato visto su mille profili instagram e mi è venuta voglia di leggerlo.
Se non hai voglia di proseguire con la lettura, bloccati qui e ti basterà sapere che, almeno secondo il mio esimio parere, è una cretinata.
Libro deludente, torta ottima La ricetta è QUESTA, a cui ho apportato qualche lieve modifica (aggiunto succo e scorza di limone e sostituito lo zucchero con quello di canna)
Finché il caffè è caldo: di cosa parla?
C'è un bar a Tokyo in cui la leggenda vuole che, se si rispettano alcune rigide regole, si possa viaggiare nel tempo.
Il libro narra di quattro viaggi nel tempo per motivi differenti di quattro persone che necessitano di vedere o rivedere qualcuno a cui non hanno detto tutto al momento giusto, consapevoli che qualsiasi cosa diranno o faranno il presente non cambierà e che avranno pochissimo tempo: il tempo che il caffè non si freddi.
La premessa doverosa a questo mio giudizio è che io non sono né particolarmente attratta né particolarmente esperta di mondo, cultura e letteratura giapponese. Può essere quindi che io non lo abbia apprezzato perché semplicemente non l'ho capito.
Questo libro dovrebbe avere come obiettivo quello di aiutarci ad apprezzare maggiormente il presente, che è l'unico tempo in cui davvero possiamo fare qualcosa di utile per cambiare il futuro.
Stare a rimuginare sul passato, sulle cose che avremmo potuto o dovuto dire, infatti non cambia il presente e non lo cambierebbe nemmeno se fossimo a Tokyo e potessimo viaggiare nel tempo all'interno di questa magica caffetteria.
I viaggi raccontati però mi hanno creato un grosso senso di malinconia (ed anche un po' di fastidio), mentre mi aspettavo che questa lettura fosse più calda ed avvolgente.
Credo semplicemente, senza fare troppi giri di parole, che lo stesso tema potesse essere trattato in modo più diretto e meno noioso.
Coffee Ga Samenai Uchini: le copertine di Finché il caffè é caldo
Finché il caffè è caldo é uscito in Giappone nel 2015 ed è arrivato in Italia a marzo, nel mentre in Giappone ci hanno anche tratto un film ed è diventato un best seller in mezzo mondo.
Scopro che ne esiste in giro per il mondo anche un seguito sempre ambientato nello stesso caffè ma con quattro nuovi avventori: da noi dovrebbe uscire a gennaio con il titolo "Basta un caffè per essere felici". Inutile dire che non lo leggerò!
Mi sono divertita a vedere come le diverse case editrici si siano sbizzarrite ad interpretare la copertina.
Garzanti per esempio punta sui colori confortevoli scelti sulle riviste di arredamento
Un'altra recensione: ho trovato altre recensioni di lettor3 che non hanno apprezzato il libro: non sono l'unica. Vi lascio però il punto di vista della Stamberga d'inchiostro a cui il libro è piaciuto perché possiate decidere se vale o meno la pena di leggere questo libro.
Dopo il fortissimo terremoto del 1985, un bambino di 9 anni incontra Claudia,
che ha pochi anni più di anni lui, e che gli chiederà di spiare per lei suo
zio, che è anche il vicino di casa del protagonista.
Claudia un giorno si trasferisce ed il protagonista, una volta cresciuto e
diventato uno scrittore affermato, decide di lavorare su un romanzo
autobiografico e per caso ritrova Claudia, che ha una storia da raccontare.
Alejandro Zambra racconta la generazioni di quei cileni che sono nati sotto la
dittatura di Pinochet e sono cresciuti sotto il suo regime ed ora devono fare
i conti con le scelte dei loro genitori: il protagonista di
Modi di tornare a casa non riesce a comprendere il perché i suoi
genitori non si siano mai schierati politicamente e si siano limitati a vivere
con la dittatura.
Il romanzo si sviluppa su due tempi narrativi differenti. Il primo è quello
dell'infanzia del protagonista, segnato dall'incontro con Claudia e la missione
che gli affida: seguire e farle rapporto su tutti i movimenti di Raul, che lei
dice essere suo zio ed è il vicino di casa del bambino. Molte edizioni di questo
libro infatti hanno in copertina un bambino, proprio come quella italiana,
spagnola e portoghese/inglese.
La seconda parte invece vede il protagonista ormai adulto che si trova a fare i
conti con un rapporto in crisi ed il volersi confrontare con i propri genitori:
come poteva stare suo padre negli anni della dittatura in silenzio con la
sigaretta in bocca a guardare i discorsi di un dittatore in tv senza né aderire
al suo pensiero né combatterlo?
Centrale è la figura di Claudia per cui il protagonista, sia da bambino sia da
adulto, è disposto a girare in lungo e in largo la città, prima per compiacerla
nella sua missione e poi per ritrovarla. Anche Claudia adulta sta tornando a
casa, ma non metaforicamente: ora vive negli Stati Uniti e ha preso le distanze
da un paese che non capiva più.
Ammetto che il libro non mi ha fatto impazzire ed il ritmo narrativo è
altilenante, così come il mio interesse. Ha un pregio assoluto: mostrare un
punto di vista "normale" sul passato e sul presente cileno, non quello di chi
era politicamente schierato ma quello della gran parte dei cileni. Per farlo
l'autore contrappone il pensiero dei figli e dei padri, qualsiasi scelta abbiano
fatto gli uni e gli altri. Alejandro Zambra è uno scrittore cileno contemporaneo
che è stato tradotto in moltissime lingue ed il suo punto di vista è sicuramente
importante per chi vuole conoscere il Cile.
A chi può piacere: a chi ama la letteratura contemporanea cilena, a chi cerca un libro sul rapporto tra figli adulti e genitori.
Un'altra recensione: se volete un punto di vista critico sulla letteratura sudamericana vi consiglio il blog 2666 e la recensione di Modi di tornare a casa la trovate qui.