Perché ho letto E Baboucar guidava la fila di Giovanni Dozzini?
Ma quanto è bella questa copertina di beatliana memoria?
E il titolo non incuriosisce subito?
Ecco perché ho letto questo libricino che poi ho trovato un po' insipido...
La trama di E Baboucar guidava la fila
Baboucar e tre suoi amici sono dei richiedenti asilo africani che decidono di andare a passare un fine settimana al mare a Falconara Marittima partendo da Perugia, dove risiedono.
Li seguiremo in 48 ore di piccoli incontri e scontri, in quel limbo che è l'attesa di scoprire che cosa sarà di loro prima di ottenere la protezione internazionale o vedersi respingere.
E Baboucar guidava la fila: la recensione
Il romanzo racconta di un limbo, una terra di mezzo (e di nessuno) dove si trovano Baboucar, Yaya, Ousman e Robert: ormai sono giunti in Italia sani e salvi dopo un lungo viaggio e aspettano di capire cosa sarà della loro vita, con il terrore di essere rispediti al mittente.
Di loro e dei loro viaggi non sappiamo nulla: sono esattamente come i ragazzi che incrociamo quotidianamente nei nostri paesi e nelle nostre città. E alla fine della storia non sapremo nulla di quello che sarà del loro futuro: proprio come accade quando li incrociamo.
Giovanni Dozzini scrive come se filmasse il loro fine settimana con l'unico obiettivo di andare al mare, raccontando i piccoli incontri che fanno ai margini (ma mai fuori) dalla vita normale di chi gli vive normalmente.
L'idea è veramente bella, ma non è il romanzo che fa per me: quei libri dove non capita nulla di speciale, dove capitano solo piccoli fatti, dove non c'è qualcosa che davvero coinvolga alla fine mi annoiano un po'.
Non posso assolutamente dire che sia un brutto romanzo, ma semplicemente a me non è piaciuto.
Autore: Giovanni Dozzini, con questo libro ha vinto l'European Union Prize for Literature 2019
Anno prima pubblicazione: 2018
Pagine: 165
Dove: tra l'Umbria e le Marche
A chi può piacere: a chi ama i racconti perché più che un romanzo questo libro è un racconto lungo; a chi è sensibile ai temi dell'integrazione e dell'accoglienza.
Un'altra recensione: Federica de Il lunedì dei libri ne consiglierebbe la lettura anche nelle scuole: a lei è piaciuto tantissimo!
Perché ho letto Questo minuscolo, inutile cuore di Toni Jordan?
Erano anni che non leggevo nulla di australiano e nella mia "mappa delle letture" non c'era mai un pallino sul continente oceanico.
Da quasi un anno ho un'amica carissima che vive lì e mi è venuta voglia di "andare anche io" in Australia.
Per puro caso spulciando sul sito di Marsilio ho scoperto Questo minuscolo, inutile cuore ambientato a Melbourne. Questo minuscolo, inutile cuore è un brillante, geniale libro!
Questo minuscolo, inutile cuore: la trama
Zia Janice si ritrova a fare da babysitter alle piccole Mercedes e Paris in un fine settimana di delirio nella villetta dei loro genitori fuori Melbourne, dove tutto sembra essere in armonia e perfetto.
Il loro papà ha appena annunciato loro che lui e la mamma si stanno separando e sta partendo con la loro giovane insegnante di danza.
La loro mamma decide di andare a riprendersi il marito infedele durante la luna di miele con la nuova fidanzatina e lascia le bambine a sua sorella.
Ma Janice, che ha costruito la sua vita intorno al laboratorio sterile di biologia dove lavora e coltiva batteri, scopre che dietro quella patina di perfezione vivono famiglie con dinamiche moooolto particolari e anche la sua vita è più incasinata di quel che sembra!
Le copertine diQuesto minuscolo, inutile cuore.
La versione italiana di questo libro è uscita nel 2017, un anno in cui passavo le mie pause pranzo molto spesso a dare un'occhiata nella libreria vicino a dove lavoravo (era anche l''unico negozio aperto a quell'ora). Io quel libro non l'ho mai visto in libreria, ne sono certa.
La risposta che mi sono data sul motivo è che probabilmente con una copertina così brutta il mio sguardo sarà sicuramente passato oltre.
La versione inglese è sicuramente più accattivante con tutti quei bei colori sgargianti, ma che cosa c'entri un ombrello con questa storia mi sfugge!
La versione australiana invece riprende l'episodio divertentissimo dei primi capitoli del libro (e a cui fa riferimento anche la copertina italiana)! La moglie tradita che decide di vendicarsi distruggendo i vestiti del marito e si accanisce in modo particolare sul cavallo di tutti i suoi pantaloni: i pantaloni dovevano servire a contenere il pene di suo marito ed è evidente che non hanno fatto bene il loro lavoro!
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Questo minusciolo, inutile cuore: la recensione
Questo libro parte col botto, con una situazione drammatica ma descritta in modo surreale e davvero divertente: un papà spiega alle sue figlie piccole che lui e la mamma si separano perché la monogamia non esiste perché se si mangia sempre mango, anche se il mango ti piace tanto, prima o poi ti stufa. E la mamma distrugge i vestiti di papà, così come anni prima la nonna aveva distrutto tutti i servizi di piatti che aveva quando la figlia aveva deciso di sposarsi.
Ad assistere le bambine c'è zia Janice che in 48 ore e in una climax inarrestabile ed incredibilmente divertente scopre i vizietti di sua sorella, suo cognato ed i loro vicini di casa, fino a rendersi conto di non sapere assolutamente nulla di quello che succede intorno a lei (e forse nemmeno in lei).
Un libro come questo poteva essere solo due cose: o un lavoro fantastico o una boiata immane.
Sono stata fortunata perché Toni Jordan è stata una maestra nell'alternare i due piani temporali del racconto con due registri diversi: il presente punta tutto sull'umorismo e sull'assurdo mentre il passato, in cui Janice analizza il suo matrimonio fallito, ha un risvolto intimo e svela tanta sofferenza.
Voce fuori dal coro ed in mezzo alle urla prodotte dagli equivoci dei grandi è quella di Mercedes, la figlia maggiore, che con perspicacia fa notare quello che sfugge agli adulti, come per esempio che il letto del vicino di casa deve essere davvero molto scomodo se viene a dormire nel lettone di casa loro quando il papà non c'è!
Questo libro ha due pregi racchiusi in poche pagine: quando c'è da ridere fa spanciare, quando c'è da fermarsi a riflettere colpisce i nervi scoperti del lettore in modo magistrale e sapiente.
Autrice: Toni Jordan
Anno prima pubblicazione: 2016
Pagine: 256
Dove: Melbourne
A chi può piacere: a chi è dotato di senso dell'umorismo e a chi in fondo in fondo ha un animo romantico.
Attenzione: fortemente sconsigliato a chi vive situazioni sentimentali problematiche.
In questo libro si parla anche di infertilità: non conosco questa situazione così bene da poter dire se il modo di trattare la questione possa risultare fastidiosa od indelicata per chi la vive in prima persona.
Perché ho letto Fiore di fulmine di Vanessa Roggeri?
Anni fa ho letto un libro meraviglioso: Il cuore selvatico del ginepro.
Per anni mi sono detta che avrei dovuto leggere anche il secondo libro dell'autrice sarda e, con la celerità che mi contraddistingue, in soli 4 anni l'ho recuperato in biblioteca!
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La trama di Fiore di fulmine
Fine '800 in Sardegna: una bambina, Nora, viene colpita da un fulmine e muore.
Durante il suo funerale si sente battere dalla bara e si scopre che la bambina è viva, ma l'incidente le cambierà la vita: sulla sua pelle le rimane un'enorme cicatrice e acquisisce la capacità di vedere i morti.
Viene allontanata dalla sua famiglia, mandata in orfanotrofio e si troverà a lavorare in un'enorme villa dove aleggia un cupo segreto...
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Fiore di fulmine: la recensione
Ero partita con grandissime aspettative verso questo libro perché il libro di esordio di Vanessa Roggeri, Il cuore selvatico del ginepro, mi era piaciuto tantissimo.
Mi pareva ci fosse una certa continuità di temi con il primo romanzo e questo mi incuriosiva molto: la Sardegna dell'entroterra, la storia ambientata a fine '800, leggende e credenze popolari e soprattutto la protagonista doveva essere una bambina coraggiosa.
Questi elementi in effetti ci sono tutti e l'incipit del libro incuriosisce immediatamente: si racconta di una bambina che era già morta un'altra volta prima di morire per la seconda volta. Com'è possibile?
I primi capitoli del libro li ho letteralmente divorati perché volevo capire cosa fosse successo alla piccola Nora ed alla sua famiglia di minatori sardi.
Nel primo libro Iannetta, la protagonista, era una bambina che tutti credevano fosse una "coga", una strega mentre in questo Nora è accusata di essere una bidemortos, una che vede i morti: la Roggeri ha la capacità di riuscire a trasmettere queste leggende della Sardegna lontana dai percorsi turistici in modo semplice ed avvincente.
Ad un certo punto però, senza rivelare troppo, la trama con tutti questi morti che passeggiano qua e là diventa un po' scontata: ho rallentato il ritmo della lettura e non sono rimasta così entusiasta come ero partita.
Forse ha ragione Caparezza quando dice che il secondo libro album è sempre il più difficile!
Anno prima pubblicazione: 2015 Pagine: 279 Dove: in Sardegna, tra Cagliari e le miniere di Monte Narba A chi può piacere: a chi cerca letture con protagoniste coraggiose, chi ama le leggende locali e ama le storie dove il soprannaturale ha un ruolo importante Un'altra recensione: a me non ha entusiasmato questa lettura ma non lo boccio totalmente.
Sul mangialibri ne parlano invecce come di una lettura eccessivamente piena di cliché: a voi è piaciuto?
Perché ho letto I soldati delle parole di Frank Westerman?
Avete anche voi una casa editrice di cui vi fidate -quasi- ciecamente? Iperborea per me è questo: un libro pubblicato da loro, che sono specialisti della letteratura nordica, non per forza mi piacerà ma sono sicura che sarà un libro di qualità. I soldati delle parole l'ho scambiato con una ragazza su acciobook senza -quasi- nemmeno leggerne la trama... e, come sempre, sono rimasta soddisfatta!
I soldati delle parole: la trama in breve
In caso di attacco terroristico, o più in generale, in una situazione in cui ci sia un ostaggio che cosa deve fare uno stato democratico? Si tratta con i terroristi o no? Quali sono i confini da non oltrepassare?
Esistono due modelli contrapposti: da una parte i russi che passano subito al contrattacco armato in caso di sequestro di ostaggi da parte di un gruppo di terroristi ed il modello olandese i cui si cerca invece di trattare, ma con un protocollo ben preciso.
Questo saggio vi svelerà un mondo che assolutamente non conoscete e vi darà gli strumenti per crearvi un'opinione indipendente.
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Le copertine de I soldati delle parole
La copertina italiana di questo saggio evidenzia il punto di partenza, nonché episodio trainante, del saggio: a metà anni '70 in Olanda un treno carico di pendolari fu sequestrato da un gruppo di molucchesi. Ammetto di conoscere davvero poco o nulla della storia olandese ed ignorava completamente questo aspetto della sua storia post coloniale.
Frank Westerman è il giornalista olandese autore del libro Fonte: Arturo D.L.
E' davvero più efficace la penna, o meglio la parola, rispetto ad un'arma?
Questo interrogativo è del tutto evidente nella copertina francese: è molto chiara ed incisiva.
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In Germania il titolo si gioca tutto sulla punteggiatura perché Reden, che significa parlare, è prima un'affermazione, poi una domanda ed in seguito una esclamazione.
La copertina tedesca
Anche la versione originale, quella olandese, punta tutto sulla parola. Personalmente a me le traduzioni italiane e francesi piacciono molto perché sono quasi ossimoriche e mettono in chiaro che anche chi tratta con la parola segue una disciplina rigida.
La recensione di I soldati delle parole:
Vorrei essere una persona seria e non dover ammettere che per 252 pagine ho intensamente pensato alle trattative telefoniche tra l'ispectora Murillo ed il profesor de La casa de papel, ma questo effettivamente non c'entra nulla col libro e solo con la mia patologia mentale! :)
I soldati delle parole inizia raccontando il sequestro di un treno (il primo sequestro di un treno nella storia) in prossimità di un passaggio a livello fuori Assen, in Olanda, da parte dei molucchesi nel 1975.
Chi fossero i molucchesi io non lo sapevo e soprattutto non sapevo della bella in****ta del bel trattamento che aveva riservato loro la madrepatria: erano soldati cristiani indonesiani fedeli alla Regina che abitavo alcune isole dell'arcipelago, dette Molucche. Quando l'Indonesia ha raggiunto la sua indipendenza dalla madrepatria, i molucchesi si sono ritrovati ad essere una minoranza sia politica sia religiosa e sono dovuti scappare nella fredda Olanda.
I Paesi Bassi per ringraziarli della loro fedeltà hanno ben pensato di segregarli in piccoli ghetti e si scordano di loro, della fedeltà che questi soldati e le loro famiglie avevano dimostrato negli anni del colonialismo e soprattutto della necessità di integrarli.
Ci penseranno i molucchesi di seconda generazione a svegliare gli olandesi con cinque attentati terroristici a metà anni '70.
La motrice di un treno dopo il sequestro del 1977
Mentre leggevo i primi capitoli pensavo "Ooook, ma questo terrorismo non esiste più: roba vecchia. Questi sequestravano ed erano pronti ad ammazzare, ma avevano degli obiettivi da ottenere e soprattutto volevano salvarsi la pelle, Che senso ha oggi questa inchiesta? Impossibile parlare con i kamikaze e con chi ti passa sopra con un camion!".
L'inchiesta di Westerman è condotta in modo meticoloso e cerca di dare voce a tutti gli attori coinvolti: da uno dei terroristi che sequestrò un treno, allo psichiatra che trattò con loro che spiega la sua metodologia in modo preciso per non farli innervosire e allo stesso tempo non farsi comandare.
Riporta la sua testimonianza di giornalista che si trovava in Russia durante gli attentati ceceni a Mosca e spiega come il sequestro in una scuola olandese sempre negli anni '70 fu condotto in modo diametralmente opposto rispetto a come Putin "risolse" la questione nella scuola di Beslan.
L'autore per capire meglio le dinamiche di una trattativa (e sopratutto se abbia senso trattare, che resta la domanda di fondo) partecipa addirittura ad un corso per mediatori dell'Accademia di polizia e prende parte come ostaggio alla simulazione del sequestro di un aereo.
Ed è qui che il libro piomba nella nostra "storia" perché, proprio in contemporanea con il corso, ci furono gli attentati a Charlie Hebdo ed il sequestro nel supermercato ebraico a Parigi. I soldati delle paroleè un saggio ed è un genere che leggo poco perché solitamente preferisco libri più scorrevoli.
Westerman riesce a rendere appassionante questa inchiesta, darle ritmo senza diventare mai superficiale, anche se nella parte centrale diventa un po' più lento.
Il grande pregio di questo libro è di offrire al lettore tutti gli elementi per cambiare e crearsi una propria opinione.
Meriterebbe di essere letto anche solo per gli ultimi capitoli in cui si spiega la strategia con cui gli olandesi hanno sconfitto il terrorismo molucchese.
Autore: Frank Westerman
Anno prima pubblicazione: 2016
Pagine: 352
Dove : principalmente nei Paesi Bassi, ma anche a Parigi e Mosca
A chi può piacere: a chi vuole crearsi un'opinione indipendente sulla questione del terrorismo, a chi ama i libri ben documentati, a chi non legge solitamente saggi (ma forse anche a chi li apprezza!) perché teme siano letture pesanti
Un'altra recensione: L'amletico propone questa lettura perché "una volta giunti al termine, se ne esce arricchiti di una grande quantità di informazioni utili, che rimangono nella memoria con una facilità davvero sorprendente"