Bravi tedeschi. Brava amica I., che fra qualche mese partirai per la Germania: nel nostro personalissimo derby hai vinto tu. :(
Ammetto che non sono affranta dal dolore. Mi sarebbe scocciato essere in Italia quando invece là facevano festa grande. Avevo anche la speranza, per non dire la certezza, che il clima di festa tra un paio di settimane sarebbe stato comunque ancora ai massimi livelli.
Stiamo parlando di un popolo che già faceva festa prima che i mondiali iniziassero: il
giorno prima della prima partita dell'Argentina abbiamo visto gente munita di vuvuzela biancocelesti che strombazzavano fermi al semaforo.
Un paese che il giorno dell'ultima partita dei gironi di qualificazione, in cui erano già qualificati, ha chiuso le scuole. Un paese che nel giorno della partita degli ottavi ha permesso ai suoi alunni dalla quarta elementare in poi di uscire da scuola non accompagnati dai genitori, in deroga per un giorno a quello che dice la legge.
Ho scoperto che una cosa che dispiace molto agli argentini è che i suoi migliori giocatori giochino all'estero. In realtà non è una cosa poi così strana, visto il livello di nazionalismo che hanno. in Argentina tutto (o quasi) è etichettato con la scritta "producto en Argentina". Anche la vodka.
Ho scoperto che usano la parola "patria" con molta facilità. Crescono con il rito dell'alzabandiera e abbassabandiera, la canzone alla bandiera, il giorno della bandiera, il giorno della coccarda argentina, i colori bianco celesti ben stampati in testa.
Usano anche la parola "eroi" come niente fosse. Per noi gli eroi sono quelli che vincono. Per loro, a quanto vedevo su facebook già dal primo pomeriggio, son quelli che comunque giocano.
Ammetto che le mie amicizie argentine su facebook son quasi tutte di signore e signorine, che non credo che mastichino calcio tutto l'anno, ma loro son contente di aver giocato fino alla fine. Stanno con la squadra fino alla fine. E, secondo me, qualcuna festa l'ha fatta lo stesso, che qui non si perde mai un'occasione.
Gli Argentini soffrono, soffrono sempre. Quando con la Svizzera hanno vinto per un soffio all'ultimo il telecronista, giustamente, diceva che non si poteva soffrire così. Quando erano in vantaggio contro il Belgio e avevano fatto un goal nei primi 10 minuti, il telecronista urlava che non si poteva soffrire così: erano in vantaggio e dovevano mantenere il risultato per altri 80 infiniti minuti. Insomma, agli argentini piace fare scena.
Una cosa che differenzia gli argentini dagli italiani è la superstizione. Noi per non dire quello che vorremmo capitasse siamo pronti a fare voli pindarici con i giochi di parole, loro all'inizio del secondo tempo contro il Belgio facevano già che dire "Dai che siamo già a San Paolo", dove si giocava la partita della semifinale.
...Per la serie "non ci credo, ma"... visto come sono andate le cose... forse forse... era meglio se tenevano la bocca chiusa!