17 luglio 2019

Il vento di Santiago

Perché ho letto Il vento di Santiago di Paola Zannoner?
Difficilmente Il vento di Santiago sarebbe arrivato nella mia libreria, se non lo avessi scambiato su acciobooks.
Per prima cosa è un libro per ragazzini (dagli 11 anni) e la prima edizione è del 2000, un libro un po' vecchiotto.
Quando una ragazza mi ha chiesto Trasfondo (un libricino noioso sulla guerra delle Malvinas), glielo ho spedito volentieri in cambio di un altro libro sudamericano e che non avevo mai sentito nominare!

La trama in breve:
Sulla copertina del libro c'è scritto che "nel passato di Jorge c'è un mistero".
Per scoprire chi è la signora che osserva Jorge la fidanzatina ed i suoi amici dovranno scoprire che cosa è successo nel loro paese, il Cile, quando i loro genitori erano giovani e come mai nessuno ha voglia di raccontare loro questa storia... ad eccezione del bidello!

Il vento di Santiago: Recensione
Il fenomeno dei figli neonati sottratti ai desaparecidos durante gli anni delle dittature sudamericane è un fenomeno ormai tristemente appurato.
Il paese che praticava questa violazione dei diritti umani in modo sistematico era l'Argentina, ma anche in Cile capitava che ragazze incinte venissero fatte partorire e poi uccise: il loro bambino veniva dato in adozione a famiglie, spesso degli stessi militari, che non potevano avere figli.

Paola Zanonner cerca di raccontare questo dramma rendendolo avvincente per dei ragazzini, che ovviamente ad 11 anni non sanno nulla di quello che è successo in Sudamerica molto prima della loro nascita.
Sfrutta un classico meccanismo dei romanzi per ragazzi: gli amici che si trasformano in piccoli investigatori per rispondere alla domanda "chi sono io davvero?".
Racconta in modo ovviamente non troppo dettagliato che cosa è successo durante la dittatura in Cile e come il Cile negli anni '90 facesse finta di non sapere, di non aver visto quello che era successo solo 15/20 anni prima.

Il libro per un adulto è molto lacunoso ovviamente, un po' sempliciotto ed il finale, avendo letto molto sul tema nonne/nipote di desaparecidos, mi ha lasciato davvero molto dubbiosa.
Credo però che per dei ragazzini sia un modo interessante per capire qualcosa che difficilmente impareranno a scuola. Sul finale però ne discuterei con loro: ce n'è bisogno!

Il Museo della memoria e dei diritti umani di Santiago, dove sono stata nel 2015
Autrice: Paola Zannoner
Anno prima pubblicazione: 2000
Pagine: 128
Dove: Santiago del Cile
A chi può piacere: a dei ragazzini delle medie per conoscere il fenomeno dei desaparecidos in Cile

10 luglio 2019

Resto qui

Perché ho letto Resto qui di Marco Balzano?
Ho letto Resto qui perché:

  • ha una bella copertina, di quelle che rimandano subito a tante foto viste su instagram.
  • ho una spacciatrice di consigli libreschi di fiducia: Claudia de Il giro del mondo attraverso i libri
  • l'ho trovato in biblioteca! Le biblioteche, piccole o grandi, sono un patrimonio che abbiamo nel nostro paese e possono essere una grande fonte di ispirazione (oltre che di risparmio per noi lettori/lettrici).
Fonte: Il giro del mondo attraverso i libri
La trama in breve:
La storia di Erich e Trina e della loro famiglia non è una storia vera.
La storia della costruzione del Lago di Resia, di quel campanile che spunta dalle acque, invece lo è.
Una famiglia ed una comunità del Sud Tirolo che devono affrontare prima l'arrivo dei fascisti, poi la Guerra ed infine una società che vuole annegare il loro paese.


RESTO QUI recensione
Ci sono libri che non aspirano ad essere libri di storia, ma sono più efficaci di un manuale: ti appassionano, ti coinvolgono, ti insegnano tanto senza che tu te ne accorga.
Questo è il pregio migliore di questo bel romanzo di Marco Balzano.

La storia del Sud Tirolo è una storia complicata: non immaginavo quanto fosse complicata la storia dell'italianizzazione forzata di questi paesi.
Trina è una ragazza giovane che studia da maestra e parla tedesco, ma con l'avvento dei fascisti in valle deve imparare l'italiano che diverrà l'unica lingua ufficiale da insegnare nelle scuole e per il tedesco ci sarà posto solo nelle scuole clandestine.

La storia di un paese ferito ed occupato diventa quella di Trina, che sposa un contadino e, non potendo fare la maestra, diventa lei stessa una contadina quando suo marito parte per la guerra.
Quando Erich torna sconvolto da cosa ha visto, decide di disertare e scappare sulle montagne: Trina a questo punto decide di scappare con lui.
Su tutta la storia aleggiano sempre due grandi catastrofi: quella di una figlia che è scomparsa e quella di un paese che scomparirà se si costruirà la diga.

Resto qui è strutturato così bene da intrecciare magistralmente i due filoni narrativi in modo snello e veloce, senza sbavature ma mai frettoloso.

Marco Balzano è un insegnante milanese e ha conosciuto la storia di Curon come tanti altri turisti grazie ai pannelli che, vicino al Lago, raccontano la storia di quel campanile: ha deciso di documentarsi, approfondire, capire e poi ha scritto un libro meraviglioso. Non perdetevelo!


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●●●●● Van die recensies in het NRC die je nieuwsgierig maken: “In een stuwmeer aan de noordoostgrens van Italië staat een middeleeuwse kerktoren. Het lijkt of hij drijft. Als de hemel zich in het water spiegelt, zweeft hij tussen de wolken. Op de bodem van dat meer ligt het puin van een dorp waar de mensen een Duits dialect spraken, tot ze dat door Mussolini werd verboden. Ze werden sprakeloos, want het verplichte Italiaans beheersten ze niet. Een uitgewiste taal en een verweesde torenspits – Marco Balzano verbond ze in Ik blijf hier, een kleine roman over eeltige bergmensen, die bij hun geboorte al vergroeid zijn met hun streek – en daar banjeren vreemden rond. Eerst gaat Mussolini over ze heen, dan Hitler en tot slot de naoorlogse Italiaanse regering. Ze hebben er niet van terug.” #boekstagram #VanRietschotenBoeken #MarcoBalzano #IkBlijfHier #RestoQui
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Autore: Marco Balzano
Anno prima pubblicazione: 2018
Pagine: 179
Dove: Lago di Resia
Se stai cercando altri libri ambientati in Trentino Alto Adige ti consiglio, seppur di tutt'altro genere, La confraternita della rosa nera
A chi può piacere: per chi ha in previsione di andare a visitare il Lago di Resia credo sia una lettura imprescindibile, chi cerca un romanzo storico ma non pesante, chi ama la Storia d'Italia costituita da tante piccole storie
Un'altra recensione:  La lettrice geniale consiglia questo libro definendolo un romanzo indispensabile. Concordo con lei!

03 luglio 2019

Sovietistan

Perché ho letto Sovietistan di Erika Fatland?
Da anni mi è venuto il pallino per l'Uzbekistan, ma da anni per un motivo o per l'altro il sogno viene rimandato.
Nel frattempo ho letto articoli e diari di viaggio, ma non avevo mai letto nessun libro che raccontasse i paesi dell'Asia centrale.
Su consiglio di Claudia ho letto Sovietistan, un diario di viaggio, un piccolo trattato di storia, antropologia e sociologia di una parte del mondo che mi era assolutamente sconosciuta!

La trama:

"Nonostante il suffisso comune, i cinque Stan quasi non potrebbero essere più diversi gli uni dagli altri: il Turkmenistan è costituito da oltre l'ottanta per cento di deserto, mentre più del novanta per cento del Tagikistan è terreno montuoso.  Il Kazakistan è diventato talmente ricco grazie all'estrazione di petrolio, gas e minerali che recentemente si è candidato a ospitare le Olimpiadi invernali. Anche il Turkmenistan sguazza nel petrolio e nel gas, mentre il Tagikistan è poverissimo. In molte città e villaggi tagiki d'inverno l'energia elettrica viene erogata solo per poche ore al giorno. I regimi del Turkmenistan e dell'Uzbekistan sono così autoritari e corrotti da essere paragonabili alla dittatura della Corea del Nord; non esiste una stampa libera, e il presidente della Repubblica detiene tutti i poteri. Nel Kirghizistan, invece, la popolazione ha già fatto cadere il presidente in carica due volte."
I luoghi "visitati" tramite Sovietistan

Sovietistan recensione:
C'è una grande area in mezzo al planisfero di cui so poco e nulla: l'Asia centrale.
Sono quelli che Erika Fatland, una giovane antropologa norvegese, chiama gli "stan".
Che cosa hanno in comune più o meno lo sappiamo tutti: sono tutti ex paesi dell'Unione Sovietistan, indipendenti dal 1991.
Probabilmente ci fanno anche un po' paura perché lo Stan più famoso è l'Afghanistan, che effettivamente non è proprio un posticino tranquillo.
Ma chi siamo i 5 stan non lo sappiamo proprio!



Erika Fatland scrive questo diario di viaggio tra Turkmenistan, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan ed Uzbekistan permettendo anche al lettore poco informato di approcciarsi con questo mondo, raccontandoglieli passo a passo.
Vi racconto 5 cose, una per paese, che mi hanno colpito di questa lettura... sperando di farvi venire la voglia di leggere questa piccola bibbia centroasiatica!

In Turkmenistan in quanto a dittature non si sono fatti mancare nulla: il "nuovo" Presidente (nuovo dal 2006), Berdimuhamedow, era il dentista personale del primo Presidente post sovietico.
Turkemenbashi aveva un po' il pallino del culto della personalità (e l'ha trasmesso anche al suo successore) ed in vent'anni ne ha combinate di ogni tra obblighi e divieti assai strambi. Il risultato è che ha lasciato un paese poverissimo ma nel 2002 si prese la briga di cambiare i nomi dei giorni dei mesi e della settimana: il primo mese dell'anno, ovviamente, portava il suo nome!
Una sobria statuetta dell'ex Presidente
Fonte: Travelglobe
Il Kazakistan è il ricco della cinquina: possiede grandi giacimenti di gas e petrolio.
Ai sovietici però era venuto in mente un altro affarone: coltivare cotone in mezzo al deserto... peccato che il cotone abbia bisogno di tantissima acqua! L'acqua secondo il loro piano lungimirante l'avrebbero presa dal Lago di Aral, che ERA il quarto lago più grande del mondo.
Oggi ha il primato di lago più inquinato del mondo: le sue acque si sono ritirate quasi fino a farlo scomparire, sono troppo salate per permettere ai pesci di sopravvivere e troppo inquinate per via dei diserbanti. Oggi forse, grazie alla costruzione di una diga, pare che il processo si stia invertendo e per la riva kazaka del lago c'è ancora speranza, mentre la parte uzbeka ormai è destinata a scomparire.
La ritirata delle acque del Lago di Aral tra Kazakistan e Uzbekistan
Fonte: MeteoWeb
Il Tagikistan è invece un paese molto povero, ma dove girano tantissime Mercedes e dove "si gioca" a costruire il pennone per la bandiera più alto del mondo, che non è esattamente un record di fondamentale importanza là dove il 20% della popolazione ha meno di 1 € al giorno!
Invece di mirare a riforme strutturali che migliorino le condizioni di vita della gente, il presidente emana leggi che mirano a rendere meno difficile l'essere poveri. Ad esempio molte famiglie si indebitavano per fare matrimoni sfarzosi: ora una legge impone che una festa di matrimonio non possa durare più di 3 ore e di superare i 150 invitati.

Il pennone più alto del mondo si trova nella capitale del Tagikistan
Fonte: Atlasobscura
Il Kirghizistan è l'unico di questi paesi ad aver deposto con due rivoluzioni due presidenti!
Questo non lo rende assolutamente un paese più moderno, ma qui persistono tradizioni terribili che violano i diritti umani come il ratto della sposa.
E' normale che un ragazzo che vede una ragazza che gli piace la rapisca e, una volta portata a casa sua, la chieda in sposa. Il peso di questa tradizione è così forte che la ragazza, seppur disperata per dover sposare un uomo mai visto prima, accetta il matrimonio. Si stima che almeno 1/3 dei matrimoni avvenga così. Esistono delle pene per chi rapisce una ragazza, pene maggiorate se la ragazza è minorenne, ma il rischio reale di essere condannati è inesistente.
La rivoluzione del 2005 scoppiò quando il Presidente tentò di modificare la Costituzione per potersi candidare per un quarto mandato. ed i manifestanti  entrarono nel Palazzo presidenziale. La rivoluzione è chiamata Rivoluzione dei tulipani.
Fonte: Frans Sellies
L'Uzbekistan è il paese che conoscevo maggiormente tra questi cinque, anche prima della lettura.
Mi sono innamorata della storia del Museo d'Arte contemporanea di Nukus, una cittadina sperduta in mezzo al deserto, di come è nato e come è riuscito a sopravvivere pur custodendo opere decisamente critiche verso il Regime Sovietico: il curatore quando arrivano gli ispettore semplicemente le nascondeva. Questo a Mosca non sarebbe mai stato possibile, ma a migliaia di chilometri, in una cittadina come quella non  dava chissà che fastidio e si poteva chiudere un occhio!
Il museo di Nukus è considerato il Louvre dell'Uzbekistan
Fonte: Wikipedia
Leggendo questo diario di viaggio, vi verrà una grandissima ed incontenibile voglia di partire: di vedere le montagne del Pamir, di cercare città antiche come Merv, di andare nel deserto o di vedere con i propri occhi cosa resta del povero lago di Aral.
Io continuo a sognare Samarcanda e nel frattempo seguo il blog di Eleonora -Pain de Route, che fa dei viaggi strepitosi da quelle parti!
La mia copia di Sovietistan è stata riempita di appunti a matita perché il giorno che finalmente riuscirò ad andarci riprenderò in mano questo libro!




A Berlino qualche giorno fa ho conosciuto due ragazzi uzbechi PhD in Storia, persone con cui è stato un enorme piacere parlare - mi hanno confermato la mia visione "doppia" del loro paese, un paese a due volti, uno ricco e splendente, pulito, copiosamente innaffiato e fiorito, mentre l'altro sempre più povero, affaticato da un sistema dittatoriale soffocante. Dittatura: per la prima volta ho sentito pronunciare questa parola sulle labbra di un uzbeco. Ho avuto un piccolo brivido e ho pensato, tra me e me, "finalmente". Laggiù le persone diventano nervose parlando dei loro leader, sospettose. Ne parlano bene con forzatura, o dicono di "rispettarli" - mai sentita parola più asettica. Ma forse è proprio questa "doppiezza" che mi rapisce del paese, questo suo essere incatalogabile e inafferrabile. Stupefacente e spoglio insieme, come la necropoli di Shah-i-Zinda, che significa "il Re Vivente". Che è un tripudio di ceramica smaltata e intagliata con la precisione delle mani di un bambino, stupefacente all'esterno, ma dietro i portali rimane solo una stanza spoglia e fredda, un drappo gelido sulle tombe di pietra. Ci tengo sempre con tutto il cuore che possiate capire tutto il risvolto sociale, politico e storico che sta dietro questi splendidi portali decorati. Non sono un paradiso delle mille una notte, né un sogno sulla via della seta: sono storia affascinante, eccessivamente restaurata, a volte; sono il periodo storico, uno dei molti, che una classe politica ha deciso di salvare dal dimenticatoio, incensare e ascrivere come marchio indelebile di identità culturale (a tratti vacillante) per un popolo che non ce l'aveva. L'Uzbekistan non è Tamerlano: è molto, molto di più. Se avete domande sull'Uzbekistan sarò molto felice di rispondere, per quello che posso :) a presto ♥ . . . #centralasia #asiacentrale #silkroad #silkroadonline #silkroadtrip #silkroadexplore #viadellaseta #asiacentrale #mytinyatlas #uzbekistan #samarkand #samarcanda #myuzbekistan #streetphoto #visituzbekistan #uzbekistan_inst #uzbekistan_uzb #uzbekistantravel #livefolk #discoverearth #shahizinda #shahizindacomplex#neverstopexploring #roamtheplanet #agameoftones #folkscenery
Un post condiviso da Eleonora ~ Pain de Route (@painderoute) in data:


Autrice: Erika Fartland
Anno prima pubblicazione: 2014, ma in seguito alla morte del dittatore uzbeko è stato aggiornato.
Pagine: 527
Dove: Centro Asia
A chi può piacere: a chi ama i diari di viaggio, a chi sogna un viaggio nell'Asia centrale, a chi è curioso di sapere come si vive davvero in quei paesi.
Un'altra recensione: Marco Ferrario su il Tascabile ha scelto altri episodi per raccontare questo libro, ma anche dalla sua recensione traspare l'entusiasmo per questo libro!