Questo libro non mi è piaciuto, ma forse non è colpa sua.
L'ho iniziato in un fine settimana in cui avevo tanti pensieri nella testa: ho pensato che un libro non troppo spesso, scritto grande, ambientato tra Santiago del Cile, l'isola di Chiloé (e un po' di Russia) potesse essere la scelta giusta per tenere la mente occupata.
Ed invece non mi è piaciuto per nulla (ma non so se letto con più attenzione mi sarebbe piaciuto!).
La trama intreccia la storia personale e politica di un ex militante fedele ad Allende ed un torturatore della dittature di origini cosacche: il primo vive isolato in Patagonia, il secondo è detenuto in carcere.
Il passato però ritorna per chiudere i suoi conti, per arrivare alla fine della storia.
C'è tutto un gioco di intrighi internazionali, spionaggi e controspionaggi, doppiogiochisti e canaglie.
La cosa estremamente positiva è che questo libro non si limita a raccontare gli anni della dittatura, ma racconta l'oggi: un paese in cui vittime e carnefici convivono a forza.
Racconta soprattutto i legami che ancora proteggono certi personaggi di dubbia moralità anche adesso che c'è la democrazia.
Troppi salti tra il Cile e la Russia, troppi fatti storici accennati e non sviluppati (e forse troppi pensieri) mi hanno portato a non apprezzare questa lettura, a perdere dei passaggi e chiuderlo senza troppo entusiasmo.
1 commento:
Non riesco a togliermi dalla testa il torturatore cosacco!
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